Chi ha davvero “inventato” la Darcy–Weisbach? La storia (vera) della formula che ha cambiato l’idraulica

La chiamiamo “formula di Darcy–Weisbach”, ma come spesso accade nella scienza è il risultato di più contributi: oggi la scriviamo come ΔH = f·(L/D)·(v²/2g), dove la perdita di carico cresce con la lunghezza, diminuisce col diametro e, in turbolento, dipende in III modo quadratico dalla velocità.

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La forma moderna nasce con Julius Ludwig Weisbach (1845), che imposta la caduta energetica proporzionale a (L/D) e introduce un fattore di attrito adimensionale capace di riassumere regime e scabrezza, mentre Henry Darcy(1857) realizza una vasta campagna sperimentale su tubi e accessori che conferma la dipendenza quadratica dalla velocità, consolida la proporzionalità (L/D) e rende misurabile il coefficiente, portando la formula dall’aula al cantiere: per questo la paternità è condivisa, con Weisbach che definisce la struttura e Darcy che fornisce la cassetta dei dati.

Nel mondo dell’idraulica le prove sperimentali hanno davvero permesso la conoscenza dell’andamento dei fluidi, questo a confermare dell’importanza del metodo sperimentale.

Nelle vicinanze c’è la tradizione dei canali a pelo libero con Chézy (1770–75) e Prony(inizio XIX secolo), che abituano sempre più gli ingegneri a condensare la resistenza in coefficienti chiamiamoli empirici, mentre tra 1830 e 1840 Hagen e Poiseuille chiariscono il regime laminare (perdite ∝ portata) e nel 1883 Reynolds distingue formalmente laminare e turbolento, mostrando che il fattore f non è costante ma dipende dal numero di Reynolds e dalla rugosità relativa; nel Novecento Blasius (1913) propone f = 0,3164·Re⁻¹/⁴ per tubi lisci turbolenti, Colebrook–White (1937–39) lega f a Re e rugosità con l’equazione implicita poi resa pratica dal diagramma di Moody (1944), chiudendo il cerchio tra teoria, esperimenti e strumenti di progetto; morale: la Darcy–Weisbach non nasce in un istante, ma dall’incastro di una forma energetica chiara (Weisbach) con basi sperimentali solide (Darcy); la progettazione moderna affina soprattutto il fattore di attrito—tramite correlazioni e dati—più che la struttura della formula, motivo per cui dal 1845 resta la lingua franca del calcolo delle perdite di carico. Pensare che oggi continuiamo ad usare tali formule fa sempre piu capire la grandezza degli scienziati dell’epoca, che sarà banale ricordarlo, non avevano gli strumenti di cui noi disponiamo oggi.

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